Prima assoluta
13 novembre 2009, Scenario Pubblico, Catania
Prima assoluta
13 novembre 2009, Scenario Pubblico, Catania
Anno
2009
Durata
70 min
Instrument 3: cage sculpture è la terza tappa dal progetto Instruments, con cui Roberto Zappalà sulla scia del suo più recente percorso coreografico,libera il movimento da una drammaturgia troppo complessa per soffermarsi sul corpo nella sua relazione con il suono, il rumore, la musica.
Con Instruments il coreografo ha così intrapreso, con la collaborazione di musicisti di volta in volta coinvolti, un’interessante esplorazione di alcuni strumenti inusuali.
Dopo il marranzano della tradizione siciliana (Instrument 1) e lo svizzero hang (Instrument 2), con Instrument 3 Zappalà ha dato spazio ai tamburi dello straordinario Alfio Antico che realizza a mano.
Un male contemporaneo…
Paranoia.
Un termine per definire la condizione dell’uomo (occidentale) contemporaneo?
E’ il 21° secolo, l’età della paranoia?
Forse si. Forse non riusciamo proprio a leggere la realtà, neanche quella che ci riguarda più intimamente, senza questo filtro che tutto distorce, ma che al contempo corre il rischio di liberarci da ogni responsabilità personale.
Se siamo persuasi che c’è qualcuno che vuole farci del male, possiamo scaricare su di lui il peso delle nostre sconfitte.
Le paranoie, grandi e piccole, patologiche e di ogni giorno, sono come un gigantesco tappeto sotto il quale nascondiamo tutto quello che non va come dovrebbe andare, che è bloccato, o che, se va avanti, lo fa seguendo una direzione sbagliata. Un tappeto così grande che non è difficile nasconderci dentro anche noi stessi.
La paranoia è il tarlo che ci corrode e sgretola, che fa sì che la tela di ragno che costruiamo ogni giorno, e che chiamiamo vita, ha, spesso, più buchi di quanti ne possiamo rattoppare.
Nello Calabrò
I paranoici sono come i poeti . Nascono tali. – J.A. Fieschi 1980
«…Pagliacci del nostro tempo, chiusi in se stessi, eppure spinti a una gestualità, a una danza che si fa via via più drammatica. E’ un’energia sopra Ie righe, accesissima, trattenuta dagli scatti nervosi del corpo: la testa si muove a ritmi impulsivi, meccanici, Ie mani sono aperte mentre Ie dita si articolano in modo estremo, i piedi battono e incalzano, il busto si chiude, si torce. Il vocabolario ruota su variazioni ossessive di un timbro gestuale mirato e coraggioso rispetto al tema dello spettacolo che ha il suo picco nei tre assoli centrali. Di grande presa la presenza in scena di Alfio Antico che con i suoi tamburi porta i tre danzatori verso I’esplosione di una danza parossistica che si placherà solo con la citazione musicale finale dell’Amarcord felliniano…»
Francesca Pedroni, Il Manifesto
«… I gesti, i movimenti, Ie posture, le accelerazioni e gli sguardi, la presenza,e I’assenza, il rapporto con lo spazio dei tre danzatori, in straniato e poeticissimo abito da clown, sono studiati in ogni minimo dettaglio eppure sembrano naturalmente sprigionarsi dal movimento interno (dall’emozione) di chi porta finalmente alla luce della consapevolezza la propria nevrosi Iiberandosene con forza o accettandola definitivamente corne componente centrale della propria umanità. Una gabbia (“cage” in inglese) da cui uscire o da accettare come simbolo del nostro essere parziali, Iimitati ma non impediti nel rapporto col mondo esterno…»
Paolo Randazzo, Centonove
«… Nonostante il parossismo motorio, che mette a dura prova i bravi interpreti, sia il filo conduttore dello spettacolo, quest’ultimo non si appiattisce in un’unica prospettiva. Anzi, sono diverse Ie suggestioni, non prive di ironia, e le citazioni che lo rendono intrigante proprio perché aperto nel significato: dagli omaggi a Fellini alla partitura sonora, che include, oltre al pianoforte “preparato” di Cage anche una rielaborazione per carillon di Lili Marlene e la vigorosa performance di Alfio Antico, che attraversa la scena con la sua imponente figura mentre percuote iI tamburo. Nell’alternarsi di ghigni e sorrisi, di contrazioni e rilassamenti, di silenzi e boati, di spasmi e sospiri, si snoda un’intensa performance che si stempera in un finale conciliante ma che lascia addosso una certa inquietudine…»
Roberto Giambrone, Danza&Danza
«…Nelle evoluzioni psico-fisiche e financo vocali – intense e governatissime – il contatto con il suolo sembra essere ridotto al minimo: anche i “voli” sono circoscritti e i tre corpi, delicatissimi e devastati dalla pazzia, si muovono in un “terra di mezzo”, in un invasamento pensoso che li accarezza con un carillon che emette scampoli di “Lili Marlene” prima di riconsegnarli, sorridenti e irridenti, alla platea.»
Carmelita Celi, La Sicilia
coreografia e regia Roberto Zappalà
musiche originali Alfio Antico (eseguite dal vivo) e Paula Matthusen
altre musiche John Cage
luci, scene e costumi Roberto Zappalà
interpreti Daniela Bendini, Adriano Coletta, Fernando Roldán Ferrer
ai tamburi Alfio Antico
foto Antonio Caia, Filippo Sinopoli
una coproduzione compagnia zappalà danza Scenario Pubblico performing arts in collaborazione con ArtEZ Dansacademie (NL), Pergine Spettacolo Aperto, Stichting Theaterwerkplaats Generale Oost (NL) e con il sostegno di Ministero per i Beni e le Attività Culturali