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Sabato 9 dicembre è stata portata in scena la performance Un Poyo Rojo di Luciano Rosso, Alfonso Barón e Hermes Gaido, Compañia Poyo Rojo, proposta all’interno della stagione Sp*rt! di Scenario Pubblico/Compagnia Zappalà Danza.

Questo spettacolo non nasce in un qualsiasi anno di un qualunque periodo. In una periferia di Buenos Aires, la creazione inizia a strutturarsi nel 2008, un momento storico connotato da un progetto di legge che proponeva la legalizzazione del matrimonio omosessuale in Argentina.

Questo aspetto è fortemente presente nella performance dove, per l’appunto, «non è lo sport in sé il focus», bensì la relazione tra due esseri umani, in questo caso due uomini.

Il rapporto dei due performer passa dallo scrutamento sfidante, alla provocazione sensuale. È chiaro, dunque, il richiamo al periodo di creazione dello spettacolo che “grida” con forza per combattere le resistenze che ingabbiano la società.

Possiamo dire che Un Poyo Rojo è uno spettacolo che spiega l’AMORE.

Non tutti però, come ben sappiamo, riescono ad andare oltre quei pregiudizi stereotipati e empatizzare con quello che lo spettacolo vuole comunicare. Questo perché, come ci suggeriscono gli psicologi Robert R. McCrae e  Paul T. Costa, vi sono alcune dimensioni di personalità, denominati Big Five, che influenzano i nostri modi di agire e pensare.

In particolare, la dimensione che qui viene presa in considerazione è lAPERTURA MENTALE.

Essa, come le altre dimensioni, è presente in ognuno di noi senza eccezioni. L’unico rimedio per abbattere le barriere della mente e inglobare la dimensione opposta è l’utilizzo di eccessi che aiutano a prendere con più leggerezza aspetti talvolta molto importanti della vita.

Questi eccessi vengono messi in risalto nell’incontro tra i due performer che attraverso i loro movimenti e sguardi buffi, hanno centrato l’obiettivo.

«L’incontro è la magia che trasforma il dettaglio, ciò che ha acceso l’evento in una totalità».

Così Massimo Recalcati parlava dell’incontro, evento mistico che infiamma le situazioni, anche quando sono inizialmente poco stimolanti.

L’esibizione portata in scena da Rosso, Baròn e Gaido fonda le sue origini sull’incontro-scontro di due «galli in un pollaio». Sembra di vivere una giostra d’emozioni, dove centrale è il sentimento amoroso, dicotomico tra incertezza e passione. Questo incontro, sempre mediato dal corpo in una dimensione misteriosa, mette in luce un linguaggio scenico molto fisico, in cui i due performer si provocano a colpi di stereotipi di genere, come gli sputi e le acrobazie, da cui affiora una connotazione fortemente virile.

Di per sé, esistere, pone l’uomo in una condizione di relazione con il mondo esterno. «Essere significa essere in relazione».

Il legame più forte che possa esistere viene analizzato dal mondo della fisica, l’Entanglement. Fenomeno in cui due cellule incontrandosi, generano un legame indissolubile, avulso da spazio e tempo. Si instaura così una relazione in cui al cambiare dell’uno cambia anche l’altro, modificando la diade.

Il progressivo avvicinarsi dei protagonisti può essere analizzato come una «profezia che si auto-avvera», in cui sin dal principio vi era una attrazione misteriosa che culmina in un bacio intenso, privo di orgoglio.

Gli sguardi scambiatisi dai due protagonisti non vengono riservati solo all’interno della coppia.

 Lo specchio, utilizzato più volte in scena, potrebbe servire ad indagare se stessi, prima ancora di chi si ha davanti. Prima di potersi dire capaci d’amare qualcuno, bisognerebbe essere capaci d’amare se stessi.

Una delle sette emozioni primarie descritte da Paul Ekman che prevale ed è centrale nella performance è la paura. Essa, come afferma lo psicologo statunitense, viene innescata da una minaccia, da un danno di tipo psicologico o fisico che potrebbe provocare dolore. La psicologia ci suggerisce che non esiste uno stimolo innato diretto a quest’emozione, ma attraverso condizionamenti, possiamo imparare ad aver paura di qualsiasi cosa.

Ricollegandoci a quanto detto e dirigendoci verso la storia raccontata dai due performer, notiamo l’evitare di un sentimento per la paura di essere giudicati, stigmatizzati e considerati magari diversi agli occhi della società. Da quest’ultima abbiamo appreso cosa significa «normalità», il dover uniformarsi a ciò che è ritenuto giusto fino a farci credere, in questo caso, che i sentimenti puri e veri siano sbagliati solo perché non conformi alla «norma».

Lo spettacolo cerca di far capire quanto sia importante potersi esprimere liberamente per vivere bene e senza angosce. Questo viene evidenziato soprattutto nell’ultima scena in cui tutti i sentimenti negletti esplodono rendendo i due uomini finalmente liberi e sinceri, prima ancora che con gli altri, con sé stessi.

Quello che tutti dovremmo imparare è che possiamo anche provare sgomento verso qualcosa, ma ciò che è imprescindibile è non avere mai paura di «guardarsi dentro», in quanto è l’unica cosa che può salvarci dal «buio» provocato dalla «giustezza» della società.

Di:
Donato Gabriele Cassone
Giulia Concetta Celeste
Laura Raneri

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