Fuori piove, tutti a Scenario! Sabato 19 e domenica 20 ottobre si è aperta Hi! la nuova stagione di ScenarioDanza con l’anteprima assoluta di Into the Silence, il nuovo progetto della compagnia CCNR /Yuval Pick.
In scena, Noémie De Almeida Ferreira e Madoka Kobayashi hanno danzato in un duetto femminile, mentre Guillaume Forestier un solo maschile; una elaborazione duplice con cui Yuval Pick mira a creare un legame indissolubile tra movimenti, espressività dei corpi e una composizione musicale già esistente, restituendo un dialogo poetico che non lascia indifferente il pubblico.
Come ha già affermato in un’intervista fatta dal giornalista Jean-Emmanuel Denave, durante l’open door di presentazione del progetto coreografico di giovedì 17 ottobre, Yuval Pick ha spiegato che le composizioni di Johann Sebastian Bach sono un leitmotiv per le sue produzioni.
Dopo PlayBach del 2010 e Vocabulary of need del 2020, con Into the Silence il direttore del CCN di Rillieux-la-Pape torna infatti a lavorare sulle musiche del compositore tedesco, questa volta lasciandosi ispirare dalle Variazioni Goldberg. Dopo aver ascoltato diverse versioni, il coreografo è rimasto catturato dall’interpretazione della pianista statunitense Rosalyn Tureck, definita come la “Grande Sacerdotessa di Bach”, che, risultando più lenta rispetto alle altre esecuzioni, ha “invitato” con i suoi intervalli ad introdurre la danza di Pick.
Dal punto di vista coreografico, la grande novità di Into the Silence è stata quella di mettere al centro della ricerca il metodo, denominato Practice, finora utilizzato solo come training quotidiano per i ballerini.
Practice, che coagula la filosofia del coreografo, vede come punti fondamentali cinetici la rotazione, lo spazio tra due corpi, il trasferimento del peso, il rimbalzo sul pavimento, il rapporto tra parte superiore e inferiore del corpo: elementi protagonisti dello spettacolo.
L’azione si svolge all’interno di una scatola nera, contenitore scenografico vuoto e avvolgente delimitato da linee di luce a led che si configurano come traiettorie luminose che ne descrivono il perimetro. La luce proveniente dai proiettori è calda e soffusa, rendendo la scena molto intima. Qui le interpreti del passo a due femminile entrano con una camminata decisa conquistando il proprio spazio personale.
I due corpi danzanti, apparentemente estranei tra loro, si muovono nello spazio mantenendo una distanza interpersonale precisa. Essa però, quasi in modo impercettibile, si riduce tramite una lenta rotazione che li porterà inesorabilmente ad avere un contatto.
I loro movimenti sono netti, precisi, originano da un punto per poi esaurirsi in un altro o in una posa statica che continua a respirare in un eco sospeso. Assistiamo a un ripetersi di gesti ossessivi, altalenanti, interni, profondi. Gesti in cui allo spettatore sembra di cogliere le intenzioni, i pensieri, le immagini da cui scaturiscono.
Non viene specificato quale sia effettivamente il loro rapporto, cosa le leghi, la loro storia, sempre se effettivamente ce ne sia una. Per chi nel pubblico assiste attivamente, si determinano così molteplici interpretazioni.
Il loro incontro, quelle gestualità, quei manierismi stereotipati in partenza afinalistici, quel lento movimento scultoreo, ogni dettaglio appare come elemento di un dialogo. Chi le guarda inizia a vagare con la propria mente, districandosi tra vari scenari immaginari che vedono come protagoniste le danzatrici.
Figure scomposte, scomode, barocche nell’enfasi dei dettagli che si cercano nello spazio scrutandosi. Una danza di corteggiamento in cui ognuna delle due figure femminili mostra e ostenta le proprie forme. Mentre l’una si “muove–parla”, l’altra rimane in una posa carica di pathos, in un atteggiamento di “sguardo–ascolto” aspettando di dire la propria.
Quando le due interpreti non riescono a trovare un accordo nello spazio, iniziano ad interrompersi a vicenda, soffocando con i propri gesti quelli dell’altra. Un incalzare di movimenti eccitati fa venire meno quel botta e risposta a cui il pubblico si era abituato. Salti, piedi che sbattono al suolo, corpi che vibrano e che passano per brevi istanti al contatto fisico, si presentano davanti ai nostri occhi come uno scontro che sembra delineare una divisione tra le due.
Poi tutto si ferma. Mani chiedono di rallentare, respiri ricercano la calma.
Nuovamente separati, i corpi cominciano a spostarsi racchiusi in soliloqui, movimenti riflessivi come fossero traduzioni di pensieri. Una rotazione, poi, li porterà nuovamente ad un incontro-scontro, fino a quando non riusciranno a raggiungere un accordo. Le luci si affievoliscono e lentamente si fanno più fredde.
Le due danzatrici, nascoste nell’ombra, lasciano lo spazio al solista, che con grandi falcate traccia tutto il perimetro della scatola nera. La luce del led in prossimità degli spalti si spegne, eliminando la divisione tra la scena e lo spettatore. Con ampi movimenti spiralizzati e traiettorie di spostamento, il danzatore occupa lo spazio rapidamente.
Gesti elastici che appaiono espressionisti si rivolgono al pubblico, azzerando ulteriormente la distanza tra i due. Come perso in un flusso di coscienza, in una sequenza tumultuosa Forestier mostra i picchi che può raggiungere il suo corpo.
Durante tutta la serata la danza non è mai stata serva della composizione musicale e del suo ritmo, mantenendo comunque un grande rapporto di ispirazione.
Pick inserisce dei silenzi, indispensabili per contrastare l’armonia della musica di Bach tipicamente barocca, ricca di particolari e manierismi. Tali silenzi permettono di sentire la musica creata dai corpi dei danzatori, in simbiosi o indipendenti, tra respiri, battiti e sfregamenti.
Soprattutto durante il solo, la musica si fa personaggio, entrando con forza nel dialogo tra pubblico e solista. Ai due altoparlanti posti sul fondale, infatti, se ne aggiunge uno più piccolo, preso più volte dal solista, spostato e orientato in diverse direzioni. In questo modo lo spettatore si ritrova ad avere diverse esperienze delle tracce organizzate in una coreografia e sé stante. La cassa orientata verso il pubblico permette di godere pienamente di tutti i dettagli della composizione, compreso il rumore dei tasti dello strumento, mentre quando è direzionata verso il fondale, il suono sfuma in un eco lontano.
La musica inizia a sovrapporsi su diversi livelli, riprodotta da ogni altoparlante a differenti velocità e intensità. Lo spettatore è condizionato da questo repentino cambiamento, spostando di conseguenza il proprio sguardo da una parte all’altra della scena.
Sul finire del solo, i led sul pavimento si spengono uno ad uno gradualmente. Il danzatore scompare nel buio, in ascolto di quella melodia ormai distorta.
Into the Silence si mostra per la prima volta al pubblico in tutta la sua semplicità. Particolarmente apprezzata è la chiarezza e la delicatezza dei movimenti dei danzatori, sinceri nelle loro intenzioni.
D’altro canto è evidente che tale progetto sia una ricerca portata in scena. Una tipologia di lavoro del genere e l’utilizzo di un vocabolario di movimenti abbastanza ristretto rende difficile catturare l’attenzione dello spettatore per tutta la durata della serata. Il pubblico sente il bisogno di godersi più a lungo i silenzi, usati forse troppo frequentemente e per un lasso di tempo troppo breve, una pausa necessaria dall’opulenza ripetitiva della musica.
E’ difficile rintracciare un vero collegamento tra i due momenti dello spettacolo, il passo a due e il solo, data la mancanza di chiarezza rispetto alla relazione che lega i tre protagonisti.
E’ in questo genere di spettacolo però che lo spettatore deve decidere se rimanere passivo, o se impegnarsi attivamente nella visione, facendo così lavorare la propria immaginazione e il proprio pensiero critico.
di Francesco Adamo
–
–
–
INTO THE SILENCE | 19-20 ottobre 2024
SOLO | Coreografo: Yuval Pick | Assistente coreografo: Sharon Eskenazi | Interprete: Guillaume Forestier | Musica: Jean-Sébastien Bach | Luci: Sébastien Lefèvre | Costumi: Gabrielle Marty
DUETTO | Coreografo: Yuval Pick | Assistente coreografo: Sharon Eskenazi | Interpreti: Noémie De Almeida Ferreira & Madoka Kobayashi | Musica: Jean-Sébastien Bach | Luci: Sébastien Lefèvre | Costumi: Gabrielle Marty | Produzione: Centre Chorégraphique National de Rillieux-la-Pape | Coproduzione: Scenario Pubblico – Compagnia Zappalà Danza, Catania (Italia) | Residenze: L’Échappée — Médiathèque de Rillieux-la-Pape
Foto di Sébastien Erôme