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Open Door

Artificio

luce, rumore, fumo

da un’idea di Marco Laudani | coreografia e regia: Marco Laudani | testo: Noemi Privitera | progetto sonoro: Michele Piccolo, Massimo Lievore | altre musiche: Sergei Prokofiev | danzatori: Ismaele Buonvenga, Paola Tosto | assistente alla coreografia: Rachele Pascale | acting coach: Sergio Campisi | produzione: ocram dance movement in collaborazione con Scenario Pubblico/Compagnia Zappalà Danza Centro Di Rilevante Interesse Nazionale

 

Come un gioco pirotecnico che incanta e lascia a bocca aperta, la vita dura il tempo di un’esplosione clamorosa, poi finisce. Ciò che rimane, al termine dello spettacolo esilarante, è la sensazione che sia durato troppo poco, lo stupore e una dolce amara malinconia, la voglia di ricominciare da capo, la paura che sia già troppo tardi. Attraverso la metafora dei fuochi d’artificio, è possibile vivere le tre fasi più significative dell’esistenza umana e le sensazioni che predominano su ciascuna di esse.

L’infanzia, infatti, è caratterizzata dal sapore dell’attesa che precede l’evento, un piacere che ancora deve esistere, ma che è già più intenso del piacere stesso che verrà. La vita di un bambino segue la logica del noto monito “hic et nunc”, ma in un’ accezione ben più ingenua e, forse, più genuina. I bambini colgono l’attimo nella sua essenza, non si preoccupano delle conseguenze delle proprie azioni, né ragionano a lungo prima di compiere una scelta. Questa loro avventatezza, figlia dell’immaturità, è forse ciò a cui aspira Orazio, provando a vivere nel “qui e ora” nonostante l’età adulta.

Ma l’infanzia non è replicabile nemmeno dal miglior poeta e con essa diviene introvabile anche il piacere godurioso che risiede nella preparazione.

La scintilla che accende il fuoco genera un’esplosione irreversibile e, in un attimo, si è adulti. Il piacere non risiede più nell’attesa dei fuochi, ma è il fuoco stesso. Luminoso, assordante e prorompente, è il momento di massima espressione del gioco pirotecnico e della vita umana, il culmine dello spettacolo.

Durante la prima età adulta tutto ruota attorno all’amore – l’amore per se stessi, l’amore per un’altra persona, l’amore per un progetto, l’amore per un animale e così via – e l’amore è il piacere stesso. La ricerca dell’amore è eccitante, la sua perdita è estenuante, ma è nell’amore vissuto e consumato che dimora il godimento umano, il resto è un contorno che arricchisce o depaupera. Tuttavia, l’amore moderato è una prerogativa delle persone sagge e la saggezza è un traguardo che interessa un’altra fase della vita, la terza.

Un giovane adulto ama molto, e molte volte, e il sentimento genera luce e rumore, ma “gioie violente hanno fini violente. Muoiono nel loro trionfo, come la polvere da sparo e il fuoco che si consumano al primo bacio”. Se Romeo e Giulietta avessero avuto sessantacinque anni o poco più, forse avrebbero amato in silenzio e con moderazione, ma sarebbero rimasti vivi almeno fino alla fine dei fuochi.

Si consuma lenta la vita durante la vecchiaia, anche il corpo rallenta la sua marcia verso un traguardo che, alla fine dei conti, spetta a tutti e che tutti vorrebbero evitare, tranne gli stoici.

L’ultimo sparo nel cielo segna la fine dei giochi e l’inizio di un buio nebuloso che vive di luce riflessa di una vita già vissuta.