In scena insieme ai musicisti i sette danzatori della Compagnia Zappalà Danza, tutti uomini, che interpretano con vigore e arroganza una Sicilia senza confini, dove la tradizione e il moderno si incontrano, si incrociano, si fondono.
Ogni viaggio degno di questo nome è legato ad una mappa; che si segua prima della partenza o che si disegni al ritorno, la mappa è sempre un viaggio.
Borges insegna che la mappa non è il territorio, a maggior ragione se il territorio in questione è la Sicilia, perché, Bufalino docet, la Sicilia non esiste, ci sono cento Sicilie e ognuna avrebbe bisogno di altrettante interpretazioni. Per interpretare servono gli strumenti e lo spettacolo si fa carico, nel senso letterale e metaforico, di tre di questi, due tipici della tradizione siciliana, il marranzano e il tamburo a cornice, e un terzo esterno a questa tradizione e anche moderno essendo stato inventato nel 2000, l’hang, per farne appunto strumenti d’interpretazione, per aprire strade e percorsi che la danza ci propone in maniera dolce e oscura.
Un altro nome popolare di uno di questi strumenti, il marranzano è scacciapensieri, contrariamente alla danza dello spettacolo che ha l’ambizione alta, com’è giusto che sia, non di scacciarli, ma di farli venire.