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CAINO E ABELE #1 (corpo a corpo): visione e viaggio dentro la ricostruzione.

Corpo a Corpo è uno spettacolo di repertorio di Roberto Zappalà il quale ha indagato, insieme al drammaturgo Nello Calabrò, l’episodio biblico di Caino e Abele in due “meditazioni”: (corpo a corpo) e (come le ali).

La prima, (corpo a corpo), è andata in scena per la prima volta nel marzo 2018 con i danzatori Gaetano Montecasino e Fernando Roldán Ferrer a Scenario Pubblico – Centro di Rivelate Interesse Nazionale per la danza. Dopo cinque anni, il 19 novembre 2023, lo abbiamo visto in scena con l’interpretazione di due danzatori della CZD2, Damiano Scavo e William Mazzei presso il teatro San Giorgi di Catania.

ph. Serena Nicoletti

Siamo seduti sulle poltrone di un teatro o stiamo circondando un ring?

Buio in scena.
Dall’alto due luci trafiggono l’aria illuminando un sacco da box, due secchi colmi di sale e due sgabelli su cui siedono i pugili uno di fronte all’altro.
Allo scattare del suono della campanella inizia l’incontro: i due si dirigono l’uno verso l’altro.
Si scontrano fino al ritorno del buio in scena.

A differenziarli sono solo le t-shirt che indossano, una rossa e una blu.

D’improvviso, come a ricominciare da capo, ritornano le luci e la situazione dell’inizio.
Al segnale di una nuova campanella comincia l’incontro. Ma questa volta, i due si spogliano: prima liberano il volto dal caschetto e, successivamente, fanno scivolare i guantoni via dalle mani ora libere di toccare.

Inizia così lo spettacolo.

Una fila di luci disposte sul palco abbaglia il pubblico come farebbe un enorme faro.
I due fratelli si avvicinano gattonando, iniziano ad avvinghiarsi come due bambini che giocano rotolandosi l’uno sull’atro.
Il confine tra gioco e competizione è molto sottile e, dal momento in cui iniziano ad abbaiare, improvvisamente, dall’essere due bambini, diventano due animali.
Dagli abbai rabbiosi, i danzatori utilizzano le parole per autoproclamarsi il bene e il male.

«Io sono il cattivo, io sono il buono, io sono violento, lui è mite, io sono egoista, io sono la vittima…»

Da entrambe le parti avvertiamo presunzione e rabbia ma anche la coscienza di ammettere un disagio personale che implica la sofferenza di entrambi. Questi Caino e Abele ci danno la sensazione di essere strettamente connessi e di vivere ogni emozione in simbiosi, aggrappandosi (in modo astratto e concreto) l’uno sull’altro.
Dunque, è nel dolore che si ritrovano ad essere più simili. Più fragili…nonostante l’energia impiegata per dimostrare la propria forza.
In scena, i danzatori si relazionano attraverso un contatto carnale ed emotivamente denso. E’ impossibile, per chi osserva, distogliere lo sguardo dai due corpi che si muovono amalgamandosi e creando sempre nuovi incastri pieni di contraddizioni.

Il fratricidio di Caino e Abele é interpretato con un trasporto fisico e, allo stesso tempo, emotivo.
Al contrario di quello che si può immaginare in scena non viene rappresentata la morte. Nessuno vince, nessuno perde. Assistiamo, pertanto, a un flusso energetico che ci trasporta nella dinamica e nell’evoluzione del loro rapporto.

Per poter approfondire la nostra riflessione su questo spettacolo abbiamo parlato con gli interpreti Damiano Scavo e William Mazzei e con l’assistente alla coreografia, nonché primo cast dello spettacolo al debutto, Fernando Roldán Ferrer.

L’ incontro è stato fondamentale per comprendere il modo attraverso cui è stato sviluppato e vissuto il lavoro complessivamente.

«EMPATIA» è stata la parola utilizzata da Fernando che, data la sua duplice esperienza, può offrire due punti di vista differenti. Questo sentimento è la chiave e al tempo stesso la condizione per osservare e vivere le tematiche affrontate in scena dai danzatori, in modo crudo, fisico, paradossale e intenso.

Entrambi gli artisti hanno ricercato un rapporto simbiotico fin dal primo momento della ricostruzione. Come ci hanno raccontato, per entrare nel vivo e profondo significato, hanno svolto più studi laboratoriali. Il più impattante per loro è stato quello relativo alla voce, per poterla utilizzare in modo accurato e consapevole.

La voce è un canale diretto dall’interno verso l’esterno usato per tirare fuori emozioni, chiamate inevitabilmente da tematiche come il fratricidio, il martirio, il bene e il male.

Secondo Damiano Scavo la drammaturgia in generale e la voce in particolare sono state fondamentali per il “motore” della sua danza. Per William Mazzei è stato, altresì, essenziale la possibilità dello sharing durante il processo di creazione, ovvero di instaurare un dialogo per sviluppare la propria personale sensibilità e relazione nei confronti della scrittura coreografica.

Entrambi hanno portato in scena un nuovo risultato visivo ed emotivo, maturato durante le prove sulla struttura originale dello spettacolo. E’ del tutto “naturale” se oggi lo spettacolo risulta diverso rispetto al 2018: il qui e ora dello spettacolo da vivo rende diversa ogni replica, ancor di più con il cambio degli interpreti.
Soprattutto in (corpo a corpo), dove la personalità dei danzatori è il cuore pulsante della scena e della trasmissione emotiva al pubblico.

A cura di Iolanda Longo e Maryterry Rizzi

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