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Ormai solo un DIO ci può salvare

Martin Heidegger

Se per far esistere qualcosa basta darle un nome, forse così non è per gli esseri umani. A loro serve essere pensati, essere guardati ed in definitiva, quindi, essere amati. Solo per questo, forse, Barabba ha compiuto quegli atti osceni, perché si sentiva escluso dal mondo che lo circondava. Inneggiava la delinquenza, la menzogna e l’odio probabilmente solo perché non conosceva l’amore. In conclusione dello spettacolo diretto da Teresa Ludovico (testo di Antonio Tarantino), nel momento in cui Gesù si sacrifica per lui, ecco… ecco che per la prima volta capisce che a qualcuno importa di lui, realizza per la prima volta che esiste altro oltre il male che era abituato a fare e a ricevere, quasi senza pensare a ciò che faceva. Tolstoj diceva «non fate il male e il male non esisterà». L’antidoto ai mali del mondo sarebbe, in definitiva, il bene? Troppo semplice risolvere un’equazione che si morde la coda dall’inizio dell’esistenza citando solo “il bene o il male”. Bisognerebbe perciò capire chi ha inventato il male, compito non semplice, in cui l’uomo si diletta da secoli senza riuscire a darsi una risposta probabilmente poiché la risposta sarebbe brutale e cioè… l’uomo stesso.

Ph. di Balto Videomaker

«Non si può asciugare l’acqua con l’acqua, non si può spegnere il fuoco con il fuoco, perciò non si può combattere il male con il male» diceva Lev Tolstoj.

Barabba non era mai stato trattato adeguatamente da nessuno, come si poteva pretendere che trattasse piacevolmente gli altri? Riesce a sentirsi, per la prima volta, minimamente integrato in questo piccolo-grande mondo nel momento in cui gli viene dato amore. Gli proviene proprio da colui che aveva insultato chiamandolo “povero illuso”, colui che non riusciva a compatire; ormai alienato dai trattamenti ricevuti in prigione, come se vivesse in una bolla di sola malvagità, in cui non si riesce a provare altro che odio verso chi ti sta attorno. I monologhi all’interno dello spettacolo veicolano messaggi strazianti con tono rassegnato come se niente mai potesse cambiare. Nemmeno un “dono” da parte di un altro carcerato, da cui si è ereditata la cella, permettono di cessare le vessazioni allessitimiche di Barabba. Nulla può fargli cambiare idea, eccetto l’amore. Quell’idea fredda che ha degli uomini veicola tutte le insicurezze che, in primis, nutre verso sé stesso.

Sarebbe stato interessante chiedere a Barabba se pensasse di conoscersi. Cicerone diceva «quando si dice all’uomo “conosci te stesso”, non è soltanto per abbassare il suo orgoglio, ma è anche per fargli sentire quanto egli vale». Barabba, possiamo immaginare, nonostante si vantasse dei suoi continui crimini, di cui era rimasto prevalentemente impunito, non credeva davvero alle sue parole, forse vagavano nel suo cervello esclusivamente per convincersi che quello che faceva era giusto e tutti gli altri erano degli stolti.

Secondo Mark Twain, «i due giorni più importanti della vita sono quello in cui sei nato e quello in cui capisci perché». Crediamo che Barabba nel giorno del perdono abbia compreso il suo “perché”.

Perché Barabba voleva convincersi di ciò?

Sicuramente, in primis, perché nessun uomo vuole pensare al fatto che quello che sta facendo sia sbagliato ed è sempre più facile puntare il dito verso gli altri piuttosto che guardarsi allo specchio. Come disse Luigi Pirandello d’altronde «Notiamo facilmente i difetti altrui e non ci accorgiamo dei nostri». Qui sottolineiamo che il problema non sia solo di Barabba in quanto uomo “spregevole” già di suo, bensì di tutti gli esseri umani. Difatti nello spettacolo viene messo in luce come le guardie delle prigioni abusavano in maniera oltraggiosa del loro potere sui prigionieri. Barabba, nei suoi monologhi, raccontava di tutte le atrocità che doveva subire all’interno di quelle celle e di come la realtà fosse ben diversa da quello che doveva essere in base alle regole stipulate all’epoca. Inoltre parlava anche di come al di fuori delle celle venisse raccontato che la loro situazione di vita all’interno delle prigioni fosse ottimale e che ovviamente ciò, non corrispondendo al vero, andava solo ad aumentare l’astio che si aveva nei confronti dei carcerati causando abbondanti richieste per ridurre il loro status di “comfort”, che nella realtà non esisteva. Ovviamente, la storia raccontata dal punto di vista di Barabba avrebbe fatto cambiare idea a coloro che, al di fuori di quelle mura, votavano contro di lui, ma egli era lì dentro e la sua voce non contava. Importava solo la voce degli ufficiali e delle guardie che come unico interesse avevano quello di rendere la vita dei carcerati un inferno ancora più buio.

Ph. di Balto Videomaker

Chi sta sbagliando quindi? Chi dovrebbe puntare il dito? Barabba o la guardia?

La risposta, avendo entrambi le versioni, è chiara…nessuno dei due. Però, nello spettacolo viene messo in luce come all’epoca non si avessero entrambe le versioni…ed è qui che può tornare utile la frase di Anthony De Mello «Volete cambiare il mondo? Che ne dite di cominciare da voi stessi? Che ne dite di venire trasformati per primi? Ma come si ottiene il cambiamento? Attraverso l’osservazione. Attraverso la comprensione. Senza interferenze o giudizi da parte vostra. Perché quel che si giudica non si può comprendere».

Ovviamente si evince che le guardie non avessero nessuna intenzione di comunicare per cercare di comprendere i disagi dei carcerati e questo fa capire che, in fondo, non erano poi così tanto meglio rispetto a loro. Questo concetto viene ripreso nello spettacolo durante il discorso fatto tra Barabba e Gesù, nel quale quest’ultimo gli dice che siamo tutti peccatori e che quindi la salvezza serve e sarà data a tutti. Molto spesso, invece, quello che accade è che consideriamo le guardie o chi possiede un ruolo di autorità come persona “buona” che si impegna a far vigere l’ordine…ma abbiamo notato come il “bene” ed “il male” siano concetti relativi, cosa che traspare apertamente nella performance.

La scintilla che ha portato alla stesura di questo articolo è scoccata dopo aver visto lo spettacolo Barabba andato in scena a Scenario Pubblico. Siamo stati coinvolti emotivamente, come forse successe anche un tempo, nel prendere una decisione su chi punire?

Barabba… o forse tutti noi?

A cura di Donato Gabriele Cassone e Laura Raneri

Questo articolo fa parte della rubrica Un Altro Scenario in collaborazione con il Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università di Catania.

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