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RACCONTI LATERALI – appunti visivi

PROVA APERTA: LE SACRE DU PRINTEMPS DA TRILOGIA DELL’ESTASI

Tre capisaldi della danza e anche della musica dello scorso secolo, Boléro, Le Sacre du Printemps e Après-midi d’un faune, per la prima volta in un unico e solo spettacolo: Trilogia dell’Estasi.
La prova aperta a cui abbiamo assistito oggi, secondo giorno del festival, è stato un piccolo assaggio della nuova creazione di Roberto Zappalà, la cui première si terrà nei giorni del 30 e del 31 maggio 2024 al Maggio Musicale Fiorentino e, successivamente, arriverà anche a Catania dal 6 al 13 ottobre 2024 al Teatro Massimo Bellini.
Di gran numero le persone, italiane e non solo, affamate di vedere e assistere al filage, preceduto da un intervento del coreografo, il quale è stato aperto e disponibile anche ad accogliere qualsiasi domanda o commento da parte del pubblico.

Trilogia dell’estasi è una rivisitazione di tre importanti pezzi di repertorio degli inizi del Novecento, creazioni che all’epoca cercavano già di discostarsi dai canoni spesso limitanti del balletto classico, verso una danza che stava cominciando a divenire, passo dopo passo, sempre più libera. Diversi i coreografi di un certo calibro (da Béjart a Pina Bausch) che si sono cimentati nella reinterpretazione personale di questi pezzi di repertorio, generando versioni innovative e adiacenti al proprio linguaggio.
Il coreografo, come ha spiegato, non ha scelto di rappresentare le creazioni in modo distinto e indipendente, com’è usuale, ma di aver colto delle peculiarità che accomunano i tre spettacoli fusi in un unico set di scena, cui caratteri emergenti sono: il sacrificio, la solitudine e l’erotismo.

«Non c’è nessun eletto, sono tutti sacrificati, sono l’umanità, l’umanità che si auto affligge»

Foto di Elena Costanzo

Così, Zappalà, presenta i 14 danzatori della sua nuova creazione, i quali, in questa prova aperta ci hanno regalato alcuni momenti di Le Sacre du Printemps. 

Molteplici le situazioni di movimento di gruppo che, compatto, si muove in tutto lo spazio scenico, quasi come uno stormo, creando frequentemente assetti geometrici come piccoli e grandi cerchi e linee. I danzatori attirano l’attenzione e la sensibilità del pubblico con una sensualità terrena e provocatoria, attraverso diverse ripetizioni gestuali, canoni, e versi grotteschi, il tutto accompagnato dalle note del compositore russo Igor Stravinsky.

Incredibile e particolarmente interessante riflettere sul fatto che l’erotismo sia non solo una delle caratteristiche comuni alle tre grandi composizioni, ma anche un elemento che le avvicina, in parte, al linguaggio Modem di Zappalà. Se all’epoca gli elementi erotici erano oggetto di scandalo e critiche negative, poiché erano una novità in scena e il pubblico non era pronto ad accoglierli, oggi, soprattutto Zappalà, con il suo linguaggio, ha pieno diritto di sfatare i tabù del passato e dare libero sfogo agli istinti che hanno cercato di liberare alcuni coreografi degli inizi del Novecento, tra cui Vaclav Nižinskij (Boléro e Le Sacre du Printemps) e la sorella Bronislava Nižinskaja (Boléro).

(di Alessia Macchiarella)

coreografia: Roberto Zappalà | danza e collaborazione: Samuele Arisci, Faile Sol Bakker, Giulia Berretta, Andrea Rachele Bruno, Corinne Cilia, Filippo Domini, Laura Finocchiaro, Anna Forzutti, William Mazzei, Silvia Rossi, Damiano Scavo, Thomas Sutton, Alessandra Verona, Erik Zarcone | assistente alle coreografie: Fernando Roldan Ferrer

RACCONTI LATERALI – appunti visivi

FRANK ZAPPA & GIOVANNI SOLLIMA

Sabato 4 maggio, presso il Teatro Massimo Bellini, ha avuto luogo il concerto sinfonico diretto da Giovanni Sollima, solista e compositore palermitano di fama internazionale, che, attraverso una selezione dei suoi brani più emblematici, celebra uno dei maggiori talenti musicali del ‘900: Frank Zappa.

Artista statunitense di origini siciliane, avanguardista e iconoclasta, narratore delle ipocrisie della società americana, Zappa era all’epoca considerato uno dei “freak” dalla mente libera e dall’incontenibile creatività. Il suo stile musicale pur essendo in bilico tra rock e jazz è evidentemente influenzato dalla musica classica.

Sei brani di Zappa, tre di Sollima e uno di Francesco Zappa (compositore di fine Settecento*) sono stati eseguiti dall’orchestra del Bellini. La serata si è svolta all’insegna di un repertorio contemporaneo in cui Sollima ha alternato più volte il ruolo di direttore d’orchestra a quello di violoncellista, riservando al pubblico un viaggio dal passato al presente ricco e vario di emozioni e sensazioni, tra sinfonie cariche d’energia e articolate da un punto di vista tecnico e altre più delicate e leggere. Come nel caso dello stile di Zappa, anche quello del musicista palermitano è contaminato dal genere del rock e del jazz con l’aggiunta, però, dell’utilizzo di strumenti orientali, elettrici e di sua invenzione.

*nel programma di sala Sollima spiega che Frank Zappa ha dedicato nel 1984 un album al compositore Francesco Zappa, intitolandolo con il suo nome, e presentandolo come suo antenato. Questo "scherzo" ha permesso di far conoscere l'opera del compositore, all'ora ignoto, elevandolo dall'oblio in cui giaceva.

Con delle brevi e sorprendenti performance le danzatrici e i danzatori della CZD2 hanno intrattenuto il pubblico prima dell’inizio dello spettacolo all’ingresso del teatro, e durante la pausa nel foyer. Abbigliati con giubbini di pelle e jeans, le chitarre elettriche che portavano con loro richiamavano la componente del rock’n’roll dello stile di Zappa, così come le cuffie dalle quali ascoltavano la musica ricordavano una citazione dello stesso artista:

«Senza la musica per decorarlo, il tempo sarebbe solo una noiosa sequela di scadenze produttive e di date in cui pagare le bollette».

Frank Zappa

Foto di Elena Costanzo

(di Alice D’Urso)

RACCONTI LATERALI – appunti visivi

MAGUY MARIN L’URGENCE D’AGIR – CINEMA KING

David Mambouch è nato tra «odori carichi di polvere», trascinato in tournée sin da quando era in fasce. Dopo 37 anni ha deciso di cambiare prospettiva: abbandonare gli occhi da bambino sostituendoli con la cinepresa. È così che il regista, sceneggiatore e attore francese decide di ripercorrere tutta la parabola artistica della madre, una delle coreografe più importanti della scena internazionale da oltre quarant’anni: Maguy Marin

Il docufilm Maguy Marin • L’urgence d’agir, vincitore del Premio della Critica come Miglior film di danza 2019 presso l’Opéra Comique, mostra al pubblico ciò che Mambouch ha sempre visto dietro le quinte e tra le mura di casa, calandoci nella vita quotidiana della coreografa, della sua compagnia e condividendo la sua visione politica del mondo e del tempo che scorre.

Maggior esponente della “nouvelle danse” francese, Maguy Marin è stata definita come la pasionaria della danza. Si è sempre distinta come un’artista controcorrente, combattiva e politicamente attiva. La maggior parte delle sue produzioni sono un forte J’accuse contro le storture della società. 

Nella sua arte engagé, per poter trasmettere il suo credo è importante che i personaggi delle sue produzioni abbandonino il bello e l’armonioso, accogliendo il brutto e il grottesco, svuotando all’essenziale la logorrea del movimento. 

Ispirato all’opera di Samuel Beckett, lo spettacolo May B, filo rosso del documentario, è il simbolo di questa sua presa di posizione. I dieci vagabondi coperti di argilla, corpi comuni che camminano soli-insieme, esasperati nella loro grottezza, deformità, povertà e angoscia sono il megafono della denuncia di Maguy Marin. 

Nei suoi spettacoli non offre risposte, non regala un momento ricreativo, ma pone allo spettatore altre domande. Sta a noi decidere se rimanere di fronte ad esse passivi, o se impegnarci a trovare una risposta nella pratica, ad agire prima che sia troppo tardi, consapevoli della brevità della vita e dell’importanza di imparare a vivere e “contare” insieme. 

(di Francesco Adamo)

Foto di Alice D’Urso

RACCONTI LATERALI – appunti visivi

PROVA APERTA: GROSSE FUGUE – MMCDC

Siamo giunti al terzo giorno del FIC Festival, e Scenario Pubblico ci regala nuovamente una prova aperta, questa volta, di una compagnia emiliana: la MM Contemporary Dance Company, diretta da Michele Merola.
Abbiamo assistito a un piccolo assaggio di Grosse Fugue, della coreografa francese Maguy Marin che ha permesso l’acquisizione della pièce nel repertorio della MMCDC. La ricostruzione – danzata da Emiliana Campo, Matilde Gherardi, Fabiana Lonardo, Alice Ruspaggiari – è stata curata dalla danzatrice Dorothée Delabie e andrà in scena come prima nazionale al festival Bolzano Danza (luglio 2024).

Grosse Fugue è uno spettacolo tutto al femminile, di grande fisicità e marcato legame con la musica. Viene creato nel 2001 per la compagnia di Maguy Marin e successivamente ripreso nel 2006 dal Balletto dell’Opera di Lione.
Quattro donne, danzano sulle note del brano Die Grosse Fugue di Beethoven, ognuna di loro rappresenta uno strumento della composizione che le accompagna: primo e secondo violino, viola e violoncello.

Il processo creativo presenta già una particolare attenzione e una forte connessione con la musica, ha alle spalle mesi e mesi di lavoro per ogni singola partitura; lavoro in cui ogni movimento corrisponde ad una nota (800 per ogni strumento) e le varie sfumature dei quattro archi vengono ricercate e incarnate dal corpo delle danzatrici.

Le quattro donne, posizionate lateralmente, in fila, attraversano orizzontalmente lo spazio, una dopo l’altra, con corse e gesti frenetici. Diversi gli elementi ricorrenti: movimenti rapidi e ripetuti (alternati da momenti di tregua), veloci cambi di direzione, canoni, camminate e soprattutto salti. Ogni danzatrice è indipendente dalle altre, come se seguisse il proprio percorso di vita, il quale, a volte, si incrocia e prosegue all’unisono con quello delle altre donne, creando così dei momenti di ensemble.

Frequenti i momenti di caduta e recupero, metafora della lotta tra la vita e la morte, la frenesia della vita quotidiana e la capacità di affrontare e superare le difficoltà (rialzarsi subito dopo una caduta), forza che, secondo la coreografa è presente solo nelle donne, ecco appunto il perché della scelta di non inserire uomini all’interno della creazione.

Stanchezza, pesantezza e fatica emergono nei gesti e negli atteggiamenti dei corpi, che però non cessano di essere vivi. Spicca la necessità di vivere, una vitalità che non si ferma, nonostante tutto.
Quattro donne vivono, costantemente, ogni singolo momento e movimento come se fosse l’ultimo.

Foto di Alice D’Urso

BOX VISIONI – allenamenti dello sguardo critico

SOLO GOLDBERG VARIATIONS – VIRGILIO SIENI

(di Emily Busalacchi)

Foto di Marta Scalia

Coreografia, spazio e luci: Virgilio Sieni | con: Virgilio Sieni (danza) e Andrea Rebaudengo (pianoforte) | musiche: J.S. Bach, Variazioni Goldberg | produzione: Compagnia Virgilio Sieni | in collaborazione con: Fondazione Teatro A. Ponchielli Cremona, Festival Oriente Occidente | con il contributo di: Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Dipartimento dello Spettacolo, Regione Toscana, Comune di Firenze – Assessorato alla Cultura, Comune di Siena – Assessorato alla Cultura.

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