Skip to main content

La memoria di un atleta messa al servizio di un Marco D’Agostin adulto e bambino che spera di vincere, almeno per una volta.

La competizione personale, la fame e le grida di chi è intorno che sprona a non mollare, sono alcune delle componenti abbandonate per servire gli occhi di spettatori altrettanto affamati ma che, senza intervenire direttamente, assistono al giorno più glorioso della vita di Marco: la medaglia d’oro di Stefania Belmondo.

Con un po’ di immaginazione arriva la neve a Catania, i movimenti degli sciatori diventano passi di danza e la gloria illumina finalmente il performer.

“Come puoi raccontare a qualcuno del tuo primo amore come se fosse la cosa più bella che ci sia stata?”

First Love il titolo del brano di Adele cantato in playback in apertura dello spettacolo è il concetto più coinciso per racchiudere il primo innamoramento che l’artista vuole raccontare: lo sci.

Come premessa, il promettente sportivo (bambino) ha lasciato a chi ha voluto seguire il racconto del suo più grande sogno, una busta da aprir «prima che si alzi il “sipario”». Una spilla, un adesivo, il testo del brano e la foto con il suo mito, la Belmondo, dopo una gara alla quale era arrivato diciannovesimo, ma era la prima volta che la incontrava!

 

 

D’Agostin si serve delle memorie evocative di voce e corpo per parlare come un telecronista e danzare come uno sciatore. Vi è una correlazione diretta tra le due componenti così è come se stessimo guardando l’oro di Stefania Belmondo nei 15km a tecnica libera durante le Olimpiadi di Salt Lake City 2002 e sentendo Franco Bragagna affannarsi per il troppo coinvolgimento emotivo.

Il doppio, il lungo e, in caso di riposo, l’uovo, da movimenti fatti con gli sci ai piedi e i bastoncini alle mani diventano le piroquettesi fouettés e le arabesque di un danzatore che, come in tenera età saliva le scale immaginando la montagna sotto di se, danza la memoria dell’atleta.

Strizza un po’ gli occhi ed è solo fantasia… ma l’eccitazione, la pelle d’oca e l’esaurimento delle forze in campo è reale.

Ciò che ha mosso il coreografo/interprete a mettere in scena la pace fatta con l’esperienza poco gratificante dello sport è proprio l’interrogativo: come sta un danzatore prima che la gara cominci? O ancora, come si sente un atleta prima che il pubblico si accomodi in platea?

In uno spazio metaforicamente innevato la performance procede fino a quando come un martellante ritornello, gli incitamenti per l’olimpionica campionessa mutano in cori per Marco che non deve mollare, che non può mollare. Le luci si abbassano e un’atmosfera malinconica e cupa scende in sala lasciandoci affacciare su una verità estremamente personale: il fardello dei desideri altrui.

Riprende la telecronaca; ormai mancano gli ultimi, pochi chilometri. La sala si riaccende, la voce si alza e la coreografia si affatica ma non si cede. Stefania/Marco deve arrivare sul podio. Una scalata ancora, i bastoncini scavano nella neve e le gambe sembrano cedere ma il tutto per l’oro…

Ancora pochi metri e… MEDAGLIA D’ORO PER STEFANIA BELMONDO!

                CHE BELLO!

Ancora pochi passi e… MEDAGLIA D’ORO PER MARCO D’AGOSTIN!

                CHE BELLO!

Con questa performance Marco ha dimostrato che il suo primo amore ha avuto ragione di esistere, e lo ha fatto sussurrando ai presenti – con la sua nostalgica memoria – un grido di speranza, riconciliazione e forza.

Una neve non più immaginaria conclude il sogno e a noi non resta altro che ripetere in coro

che bello!

che bello!

che bello!

 

a cura di: Teresa De Angelis

Leave a Reply

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.