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Qual è la vetta più alta della vostra vita?

Inizio
Immaginate tre alpinisti durante il loro cammino iniziatico verso la fine di una scalata. Ci ritroviamo lì, in una tempesta di neve nella vetta più alta di una montagna. Difficoltà, delusione e angoscia.

È così che il coreografo/interprete Piergiorgio Milano avvia White Out, uno spettacolo pieno di turbolenze emotive dove la danza contemporanea e il circo di creazione sono perfettamente amalgamati. L’alpinismo è il pretesto grazie al quale Milano – insieme a Javier Varela Carrera e Luca Torrenzieri – espone il suo linguaggio tecnico e virtuoso con leggerezza e semplicità inverosimili.

Primo giorno di spedizione
Durante lo spettacolo ascoltiamo una voce esterna narrante che scandisce l’evoluzione della missione accompagnata anche dalla presenza di effetti sonori (curati da Federico Dal Pozzo) come il fruscio del vento o gli aliti dei brividi di freddo in continuo aumento, rendendo la visione ancora più tangibile.

La successione temporale non lineare – con l’inizio in medias res – fa perdere la cognizione dello spazio e del tempo. È proprio questo che White Out significa in termini di alpinismo: l’incertezza di andare avanti o indietro. Ogni cosa si dissolve nell’ignoto.

La scenografia dal forte carattere cinematografico è caratterizzata dalla presenza di oggetti come funi, imbragature, torce e caschi oltre che da un lavoro di luci millimetrico (curato da Bruno Teusch). Tutti elementi che generano una narrazione chiara ma mai prettamente didascalica. L’utilizzo degli oggetti viene alterato rispetto alla loro funzione reale, al servizio di una danza che sfida le leggi della verticalità esposta continuamente al rischio, cercando tanti “altrove”.

Un esempio è la danza fatta con i piedi fissati sugli sci, volteggiante e virtuosa, dove viene stimolata l’immaginazione dello spettatore, libero di poter osservare una partitura coreografica poetica. Viene altresì evocato il continuo oscillare dell’umano che non si accontenta mai di quello che ha, sempre alla ricerca dell’inutile.

Sulle note di I Will Always love you proveniente dalla radio portatile presente in scena, lo spettatore viene immerso all’interno di uno scenario “pop” ironico. Gli alpinisti escono dalla loro tenda con una danza ipnotizzante. Il loro umorismo gestuale ed espressivo fa vivere brevi momenti di leggerezza e spensieratezza della notte prima della partenza, in contrasto ai momenti di paura e ansia che seguono.

White Out è una performance che affronta temi del rischio, della fiducia e dall’amicizia. Oltre che nella sinossi questi aspetti sono ben visibili in scena quando, ad esempio, i tre performer uniti tra loro da funi danno vita a movimenti all’unisono esprimendo una negoziazione con la propria e altrui forza, una connessione e una interazione reale.

Salvati o condannati dall’istinto?

Dalla drammaturgia possiamo desumere che sia possibile essere sia salvati che condannati. Possiamo essere condannati dalle nostre fragilità ancorate nella nostra mente o possiamo essere salvati aggrappandoci alla speranza. È proprio questo il senso della sfera di cristallo che gli alpinisti si sono portati con sé. Irradiando punti di luce durante tutta la performance, durante tutta la scalata nonostante le difficoltà, essa è simbolo di forza, coraggio, bellezza. Nel finale Piergiorgio Milano attaccato a una fune porta con sé questa luce. Spoglio e solo scala la vetta. Prima che arrivi in cima quasi collassa, ma la sua anima continua a salire.

“Noi stessi si trova qui dentro e non lassù

White Out ci racconta che la montagna siamo noi, sopra di essa non c’è niente ma semplicemente noi, con le nostre insicurezze e fragilità che abbiamo sempre avvinghiate addosso con il bisogno di scalare la “montagna” per Riscoprirci. 

Allora vi auguro cari lettori di scalare le vette più alte.

a cura di: Martina Adelfio

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