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#FICFest: 14 maggio

L’ultima, e ricchissima, giornata del #FICFest si è aperta alle 10.30 con PiantaLa Mamma!, un laboratorio ludico-didattico per bambini e adulti curato dall’associazione Officine Culturali.

Un momento di condivisione e conoscenza all’interno dell’Orto Botanico dell’Università di Catania, oggi adibito alla conservazione della biodiversità con scopi di ricerca scientifica.

L’evento si è articolato in tre momenti:
• un laboratorio dotato di postazioni con vasi, pennelli e tempere; qui ogni partecipante ha potuto dare spazio alla creatività, decorando la nuova casa per la pianta che, conclusa l’attività, ha portato con sé.

  • Una visita guidata dell’Orto Botanico, ricca di esperienze teoriche e pratiche; infatti, i partecipanti hanno incontrato esemplari come l’Eucalyptus Citriodora, uno degli alberi preferiti dai koala in Australia per la sua freschezza, con la possibilità di abbracciarlo e odorarne le profumatissime foglie.
  • Una performance di danza, eseguita dalla Giovane Compagnia Zappalà Danza; essa ha avuto luogo tra i suggestivi spazi dell’Orto, in particolar modo sotto i due “alberi del drago”, simboli dell’Orto stesso con i loro quasi 160 anni d’età, raccontando – come affermato dalla vicepresidente di Officine Culturali, Manuela Saccardi – la sua natura, attraverso il movimento.

L’Orto Botanico dell’Università di Catania nacque nel 1858, ad opera del monaco benedettino Francesco Tornabene, uno dei primi docenti di botanica dell’ateneo della città. Qualche anno dopo, un privato donò un appezzamento di terra, chiedendo di coltivarci piante spontanee della Sicilia.

16.000 m² di terreno diviso che accoglie una sezione di piante esotiche, provenienti da tutto il mondo, e un orto siculo. Nel primo la disposizione del giardino è all’italiana, ossia con vialetti intervallati da vasche e aiuole, mentre il secondo è all’inglese, ed è a sua volta suddiviso secondo gli ambienti che popolano la Sicilia: dunale, di macchia mediterranea, umido e di bosco.

Noodles per colazione?

No, non parliamo di spaghetti ma delle opere dell’artista catanese John Blond. Così denomina i suoi pattern di linee nere su sfondi colorati che nella mattina del 14 Maggio hanno preso vita a Scenario Pubblico, divenendo i corpi di tre giovani danzatrici della giovane compagnia Zappalà, la tela dell’artista. Così bodypainting ed improvvisazione si sposano in un matrimonio di autentica arte a 360°.

Dall’inizio della settimana del FicFest, John ha pian piano fatto assaggiare quella che è la sua forte e riconoscibile identità visiva dipingendo su oggetti comuni e quotidiani (sedie, bottiglie, vasi…) che ha posizionato nei vari ambienti di Scenario Pubblico.

In un’atmosfera serena, figure osservatrici e corpi danzanti bisognosi d’arte si incontrano per comunicare, senza alcune parole e nell’attento silenzio, sensazioni, emozioni e stati d’animo. Avviene così un incontro, o forse uno scontro, tra quello che è il messaggio, la proposta degli artisti e quello che arriva allo spettatore:

«Ero rapita dalla loro dinamicità coinvolgente. Volevo ballare con loro»

Affamate d’arte, le danzatrici con i loro movimenti cercano John trovando pretesti ed occasioni per nutrirsi del suo linguaggio. E lui le sfama: disegna sui loro corpi i “noodles” che solitamente rivestono gli oggetti, le pagine del suo quaderno; qualsiasi cosa che lo ispiri. John e le ragazze sono al contempo arte e artisti e, il pubblico non può che rimanerne meravigliato. Quest’ultimo sogna di danzare con loro e l’empatia per la magia creatasi è così forte da farci sentire come immersi in un quadro. I continui spostamenti degli elementi presenti nella sala sottolineavano la sensazione di infermità, dando la percezione che questi, non siano poi così inanimati. Al contrario, le ragazze assumevano in maniera discontinua pose come a voler impersonificare quelle che sono sempre state le “tele” di John Blond.

Durante la performance gli spettatori hanno potuto consumare vivande e cocktail grazie ad un brunch organizzato da ScenarioCafè: per il coreografo Roberto Zappalà è stato una sorta di esperimento per testare “un ulteriore incontro anche con il food”.

Tra colori, linee tracciate e rispetto reciproco, la sala White di Scenario Pubblico è stata sfondo di un quadro animato che ha rapito e incantato i presenti.

A seguire, alle 19, è stata portata in scena una produzione della compagnia Körper che, con il sostegno di Scenario Pubblico, ha costruito un lavoro ispirato ai film del regista, sceneggiatore e produttore Dario Argento.

Siete mai stati ad un rave party
con occhiali da sole e musica techno?

Questa è stata l’atmosfera creata da Gennaro Maione, performer, danzatore e coreografo.  La creazione è stata abbagliante agli occhi in quanto molto diretta e basata su un concetto molto forte che ritrae gli effetti che la droga provoca sui corpi umani. MDMA è infatti il nome di una sostanza psicoattiva appartenente alla classe delle feniletilamine, dagli spiccati effetti stimolanti ed entactogeni. 

Il gioco scattante di luci rosse e bianche ha creato una sensazione e una situazione coinvolgente per il pubblico, la maggior parte del quale ha visto la performance filtrata dagli occhiali da sole. Questi ultimi, oggetto chiave della scena di Gennaro, hanno fatto sì che noi rappresentassimo la morte: ecco perché il protagonista entra in scena con una sorta di tic agli occhi. Guardare la distesa di occhiali da sole di fronte a lui ha significato il destino verso cui potrebbero andare in contro le persone che utilizzano sostanze come l’MDMA.

Il danzatore, nella sua essenza, rappresenta il dualismo tra follia e solitudine, è un corpo selvaggio vittima e carnefice della sua stessa dipendenza. Ha la capacità di far entrare nel suo mondo chiunque lo guardasse, catturare l’attenzione in modo estenuante grazie ai continui movimenti veloci che non hanno permesso agli spettatori di distaccare lo sguardo perché poi è subentrata la curiosità di vedere l’apice del piacere, il massimo che potesse raggiungere quell’eccitazione mentale e corporea. Il coinvolgimento totale è stato reso possibile anche grazie alla musica techno, il cui suono si propagava in un continuo crescendo, corrispondente alla crescita dell’effetto della droga.

Il pomeriggio è stato condiviso con lo spettacolo Memento della compagnia Cornelia. Come descritto dalla sinossi, Memento è una pièce di danza che si fonda sul non-evento. Ispirata ad Aspettando Godot di Beckett, il gioco dei danzatori è fondato sul susseguirsi di speranze che non trovano una soluzione. In scena, infatti, i quattro danzatori in outfit total black trasparente, si muovono creando quel tipo di tensione che si prova quando non si riesce a raggiungere uno scopo. Quasi come fossero all’interno di un videogioco, hanno sviluppato diversi pattern geometrici in movimento (fila, gruppo, rete) in diverse direzioni, con l’esecuzione di una serie circoscritta di movimenti eseguiti all’unisono ma in diverso ordine.

Una corsa dell’attesa collegata idealmente ai momenti della vita, sempre in divenire e in via di definizione anche quando si pensa di aver raggiunto un obiettivo prestabilito. La variazione di diversi temi cinetici è continuata sviluppandosi all’interno del quartetto dando spazio a brevi soli e trii. Un unisono estetico pensato all’interno di una scena spoglia, illuminata con un fondale sulle tonalità del blu, un colore, che ha molte valenze simboliche, riconducibili anche al sacro.

Sarebbe proprio in quel momento di mezzo ciò che rimane importante, il viaggio dunque e non la meta che è spesso un’idea di arrivo fallace. Memento, cioè ricordati, ha tentato l’invito a questa riflessione senza collegarsi ad una narrazione chiara ma più astratta e simbolica.

Qualsiasi viaggio, comunque, sfortunatamente, dura per sempre, nemmeno quello del #FICFest!

E non poteva esserci conclusione migliore per questa bellissima settimana, che quella con una performance altrettanto bellissima quale è Body Teaches della Compagnia Zappalà Danza.

Sette meravigliosi danzatori, musica classica dal vivo, canto lirico, la Black Box piena come non mai e la festa conclusiva: questa è l’essenza di un gran finale.

Lo spettacolo, che (piccolo spoiler) alla fine coinvolge letteralmente gli spettatori all’interno della scena, è stato pensato per essere presentato in diverse scuole di Catania e avvicinare i giovani alla danza contemporanea e al linguaggio Modem. Il repertorio dinamico della compagnia entra in “contrasto” con alcuni frammenti di Vivaldi e Bach suonati da alcuni orchestrali dall’Ensemble del Teatro Massimo Bellini. La musica minimale di base è mescolata, inoltre, con frammenti dell’Inno alla Gioia e Casta Diva interpretati dal soprano Marianna Cappellani, creando una bella unità con il Modem Language.

Body teaches si è concluso, appunto, con l’entrata in scena del pubblico, invitato gentilmente dai danzatori e dalla cantante, per una piccola improvvisazione che, con nostra sorpresa ad un certo punto si è trasformata in una pista da ballo.

Non potevamo desiderare un finale migliore per il FICFest.

Ringraziamo tutte le persone che sono state con noi durante questa magica settimana. Ci vedremo il prossimo anno!!

Credits
a cura di: Sofia Bordieri
Reporter: Luca Occhipinti, Teresa De Angelis, Martina Giglione, Ania Kacsmarska
Media: Shamira Renzi, Teresa De Angelis, Simona Puglis
i, Matilde Bianchi

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